di Adalberto Bortolotti *
Da tempo il calcio aveva deciso di celebrare il suo decimo appuntamento mondiale in Germania Occidentale e la ricorrenza andò a coincidere con il periodo di massimo fulgore del football tedesco. Seconda alla Coppa Rimet del 1966, terza classificata quattro anni dopo in Messico, ai Campionati Europei del 1972 la Germania Ovest aveva prevalso sugli avversari con grande facilità, imponendo una squadra quasi perfetta, che ruotava attorno ai fuoriclasse Beckenbauer e Müller. Nello stesso anno Monaco aveva ospitato le Olimpiadi, tragicamente finite nel sangue per l'assalto al villaggio israeliano del commando palestinese Settembre Nero. Quell'ombra pesò molto sullo svolgimento del Mondiale, stretto in una gabbia di rigorose misure di sicurezza e quindi privato di quell'atmosfera di fiesta popolare che in Messico, nell'edizione precedente, aveva toccato i suoi momenti più genuini e inebrianti.
7 luglio 1974, Olympiastadion, München Der Bomber der Nation colpisce e affonda anche la grande meraviglia del torneo |
Novantasette paesi, dai cinque continenti, si erano iscritti alle qualificazioni. La fase finale subì un ulteriore cambiamento di formula. Dopo i soliti quattro gironi, deputati a ridurre da sedici a otto le finaliste, non ci sarebbe stata l'eliminazione diretta, ma altri due raggruppamenti, di quattro squadre ciascuno. Le prime due classificate si sarebbero incontrate nella finalissima, le due seconde nella 'finalina' per il terzo posto. In tal modo, le partite salivano da 32 a 38, per la gioia degli organizzatori.
Gli anni Settanta avevano portato notevoli rivolgimenti sotto il profilo tecnico. Il Brasile aveva chiuso il suo ciclo glorioso; l'Inghilterra era rientrata nei ranghi; la stessa Italia di Messico 1970 avvertiva i sintomi dell'usura, anche se nel 1973 aveva battuto, per la prima volta nella sua storia calcistica, l'Inghilterra sul campo di Wembley, e il suo portiere Zoff aveva accumulato un impressionante record di imbattibilità, quasi due anni senza subire un solo gol. Si profilavano nuove realtà, come la Polonia, autentica rivelazione del torneo olimpico di Monaco, e soprattutto l'Olanda, il cui calcio si era prima imposto a livello di club, con il dominio dell'Ajax nella Coppa dei Campioni, poi anche con la nazionale. Gli olandesi praticavano un gioco nuovo, affrancato dai ruoli, che prevedeva l'intercambiabilità fra i reparti e non offriva agli avversari valide contromisure. Fu chiamato 'calcio totale' e destò subito grande ammirazione, perché dominato da una mentalità offensiva, senza calcoli, e sostenuto da un ritmo e una velocità sino allora sconosciuti. Il modulo, poi, veniva esaltato da interpreti d'eccezione, primo fra tutti Johan Cruijff, fuoriclasse epocale, che contendeva la ribalta europea al tedesco Franz Beckenbauer. Fra vecchio e nuovo, si collocava la Germania Ovest, che si impose nella finale sull'Olanda, con l'aiuto (seppure non scandaloso, come altre volte era successo) del fattore campo, ma soprattutto grazie alla sua capacità di mediare fra i valori della tradizione e le innovazioni del calcio olandese. Fu una finale densa, come forse nessun'altra, di significati storici. Solo gli osservatori superficiali conclusero che il 7 luglio 1974, nell'avveniristico Olympiastadion di Monaco, il trionfo di Beckenbauer su Cruijff fosse la vittoria del calcio conservatore su quello riformista.
22 giugno 1974, Volksparkstadion, Hamburg Manco a dirlo, è il "Kaiser" che officia la prima (e unica) partita tra la Germania Federale (BRD) e la Germania Democratica (DDR) |
L'Olanda aveva stupito sin dall'avvio: 2-0 all'Uruguay, 4-1 alla Bulgaria, un portiere che usciva dall'area per prendere parte al gioco, cose mai viste. In quella squadra, chiamata per il colore delle maglie e per l'automatismo della sua manovra 'l'arancia meccanica', sembrava impossibile trovare un punto debole. Anche nel secondo girone Cruijff e i suoi compagni imperversarono senza sosta: 4-0 all'Argentina, 2-0 alla Germania Est, 2-0 al Brasile, per un totale di otto gol realizzati, nessuno subito. Le porte della finalissima si spalancarono e il trionfo sembrava sicuro.
23 giugno 1974, Neckarstadion, Stuttgart Un'Italia a terra esce per l'ennesima volta dai gironi eliminatori |
Gli olandesi iniziarono dunque la finale con i pronostici a loro favore. Al fischio d'inizio tennero la palla per un minuto, senza farla toccare ai tedeschi. Al termine di quella manovra insistita, Cruijff si lanciò verso la porta e in piena area fu abbattuto dal suo marcatore, Berti Vogts. L'arbitro inglese John Taylor concesse il rigore e l'Olanda passò in vantaggio. Fu la sua fine. L'illusione di una vittoria più facile del previsto la paralizzò. La Germania Ovest riordinò pazientemente le file, pareggiò a sua volta con un rigore, passò in vantaggio prima dell'intervallo con il guizzo beffardo del solito Müller. Nella ripresa, l'Olanda uscì dal torpore, attaccò a tutto spiano, ma era troppo tardi. Il calcio totale era stato sconfitto un po' dall'intelligenza avversaria e molto dalla propria presunzione. Disse Cruijff, anni dopo: "Quel titolo non lo vinse la Germania, lo perdemmo noi". Fu per gli olandesi una magra consolazione essersi imposti all'attenzione del mondo calcistico come il modello da imitare.
* Tratto da I Campionati Mondiali, in Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002 (© Treccani)